#TERREMOTO – E’ consigliabile ricostruire dove erano e come erano le costruzioni?

“Ricostruire i paesi delle zone colpite dal terremoto come erano e dove erano? È tutto da verificare, in moltissimi casi è sconsigliabile”. Alessandro Martelli, ingegnere, numero due della Associazione Internazionale per i Sistemi Antisismici e presidente della commissione tecnica del “Comitato Terra Nostra-2016” del Comune di Accumoli, demolisce un mantra.

Perché?
“Per problemi geologici, in alcuni posti la ricostruzione è del tutto sconsigliabile, almeno se si vuole evitare che accada di nuovo quello che è già successo in questi mesi. Si possono riutilizzare le pietre degli edifici storici di pregio, se ne vale la pena. Il modello potrebbe essere il Castello di Gemona la cui torre ha al suo interno un telaio di acciaio e dissipatori antisismici. Gli stessi sistemi antiscosse possono essere applicati ai palazzi pubblici strategici, penso alle scuole, agli ospedali, ai municipi, ma non dappertutto. In certe aree non eviterebbero i crolli”.

Gli allevatori di bestiame hanno la necessità assoluta di non spostarsi.
“L’unica soluzione per loro (e anche per residenti che non vogliono andarsene) sono le casette di legno leggere e di dimensioni ridotte, sia per la fase di emergenza sia per quella successiva. In Giappone le costruiscono dotandole anche di isolatori antisismici. Lì Il 22 ottobre 2016 c’è stata una scossa di magnitudo 6,2 ossia superiore a quella di Amatrice del 24 agosto. Sa quante persone hanno perso la vita? Nessuna”.

Nell’Italia centrale il terreno si è abbassato. Come lo spiega?
“La faglia si è allargata. La componente verticale del sisma è stata molto forte, si è aggiunta a quella orizzontale e ha provocato uno smottamento del terreno sotto la superficie. Il fenomeno si è esteso a territori vicini, prevalentemente a nord e ad est. Insomma c’è stato un effetto domino che può aver caricato anche una faglia non lontana, in questo caso quella dell’Abruzzo. Penso in particolare a quella di Montereale, l’epicentro del sisma devastante del 1703 e della prima delle scosse del 18 gennaio”.

In 4 ore sono state quattro.
“E di magnitudo compresa fra 5 e 5,5 gradi. Un fenomeno che non avevo mai osservato in vita mia”.

In ogni caso si parla di questi argomenti solo nelle situazioni di emergenza. Poi si inabissano. Fino alla sciagura successiva.
“Purtroppo si ragiona di terremoti solo dopo i disastri. Questo ci porta a mettere fra parentesi il tema della prevenzione, delle cose che si dovrebbero fare prima degli eventi sismici. Continuiamo a trascurare la possibilità che terremoti possano colpire, per esempio, zone che in passato hanno conosciuto sismi ben più gravi di quello in atto nell’Italia Centrale”.

A quali località sta pensando?
“Soprattutto alla Calabria meridionale e alla Sicilia sudorientale. In quelle aree mi risulta che si temano decine di migliaia di vittime nel caso che si ripetano terremoti come, ad esempio, quelli del 1908 o del 1693, i sismi di Messina e della Val di Noto”.

Quanta parte degli edifici italiani potrebbe essere a rischio?
“Dal 70 all’80 per cento del costruito non regge a terremoti già avvenuti in passato nell’area nella quale si trovano. Il dato sulla percentuale di territorio italiano a rischio sismico era conosciuto già nel 1998, ma la discussione fra lo Stato e le Regioni sulle rispettive competenze ha ritardato fino al 2003 l’entrata in vigore della legge che ha sancito la nuova classificazione”.

Viviamo nella Repubblica del rinvio.
“Dal 2003 le verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici strategici e pubblici sono obbligatorie. Ma la data di completamento dei controlli , grazie a provvedimenti come i decreti “Milleproroghe”, è slittata almeno fino al 31 marzo 2013” (fonte: Huffington Post).